Descrizione generale
Il Girgini è localizzato nel massiccio del Gennargentu, dove occupa i versanti occidentali del Bruncu Spina a valle di Punta Paolinu e di Genna Florisa, nonché i versanti nord-occidentali di Bruncu Furaue tutta la vallata di Girgini delimitata dal Rio Su Fruscu.
Il complesso è pervenuto in gestione all'ex A.F.D.R.S. nel 1991 con concessione trentennale da parte del comune di Desulo. Nel perimetro sono presenti un vivaio volante ed otto aree attrezzate ad uso ricreativo, oltre ad una fitta rete di sentieri di interesse turistico.
L’intera area del complesso ricade in zona vincolata ai sensi del R.D. n°3267/1923 e della L. 991/52.
Aspetti geopedologici:
La morfologia del complesso è caratterizzata da rilievi con pendenze elevate su gran parte del territorio. I versanti risultano esposti prevalentemente ad ovest e nord-ovest.
L'area è in gran parte caratterizzata dalle formazioni delle filladi grigie del Gennargentu, con scisti filladici, a cui nelle cime più elevate si accompagnano filoni di quarzo e piccole creste di porfido rosso (P.ta Paolinu, B.cu Spina e su Sciusciu). I calcari grigi, residuo della copertura calcarea del giurese, si ritrovano solamente su aree di superficie molto limitata a formare i caratteristici "tacchi" di Girgini (Su Toni de Girgini, Genna Eragas). I suoli possono essere classificati in: Protoranker, Ranker, Litosuoli e Protorendzina. Si tratta comunque sempre di suoli poco evoluti e poco profondi, a profilo (A)-C o A-C, con orizzonte A poco sviluppato, anche se abbastanza ricco in sostanza organica.
Aspetti vegetazionali:
La foresta di leccio si estende per complessivi 530 ha circa, tra il rio su Fruscu, Su Pranu 'e Girgini, S'Elixedda e Genna Eragas. Il bosco, per lo più governato a fustaia frammista a tratti a ceduo, ha densità e struttura irregolari e si presenta in generale alquanto degradato, a causa delle utilizzazioni irrazionali del passato e dell'eccessivo pascolamento cui è tuttora sottoposto, che ostacola sino a rendere impossibile la rinnovazione naturale, oltre a facilitare i fenomeni erosivi soprattutto nelle aree dove la copertura è più rada. In condizioni ancor più precarie versano i circa 180 ha di bosco di roverella, oltre i 1.100-1.200 m di quota, in realtà per la gran parte ridotti a pascoli arborati con non più di 50 - 100 piante per ettaro. I fenomeni erosivi sono evidentissimi e la componente arborea, in via di scomparsa, è costituita da vetusti esemplari in pessime condizioni vegetative. La rinnovazione naturale, pur presente, non riesce ad affermarsi a causa del continuo pascolamento. Per ovviare a ciò da alcuni anni si è iniziato a proteggere le piantine nate da seme, o, dove queste mancavano altre impiantate ex novo, con gabbie metalliche. Lungo i corsi d’acqua ed i compluvi si trovano formazioni riparie con specie igrofile come l’ontano nero, acero minore, agrifoglio e tasso per circa 25 ha. Le aree rimboschite con latifoglie autoctone si estendono per 150 ha. Si tratta in parte di impianti radi (300-500 piante/ha) nei quali le piantine sono protette singolarmente con gabbie in rete metallica, per il resto di impianti "tradizionali" con densità maggiori (1000-1200 piante/ha), protetti da recinzioni. Le piantine sono spesso in cattive condizioni vegetative a causa dei frequenti danneggiamenti da parte degli allevatori della zona e del pascolamento. Nelle aree più elevate o dove le attività umane sono state più intense sono presenti formazioni a gariga assai degradate (450 ha circa) e tare rocciose (100 ha circa).