Anche i pesci migrano, alcuni più degli altri
Per molte specie, la migrazione è un’esperienza necessaria alla sopravvivenza. Ne sono esempio i salmoni, che percorrono migliaia di chilometri per riprodursi, le anguille che dagli oceani viaggiano fino ai fiumi per completare il loro ciclo divita, o, ancora, le trote, che trascorrono la loro vita adulta nelle valli dei fiumi, ma migrano a monte per deporre le uova.
Eppure, diverse azioni antropiche rendono le migrazioni sempre più complicate.
La Giornata Mondiale della Migrazione dei Pesci
Nata per sensibilizzare sull’importanza dei fiumi e dei pesci che vi migrano, si è celebrata quest’anno il 21 maggio, coordinata dalla World Fish Migration Foundation. Ma al di là delle celebrazioni devono essere tenuti in considerazione ogni giorno gli ostacoli alle migrazioni delle trote mediterranee, specie a rischio di estinzione in Italia.
“Spesso i limiti alle migrazioni dei pesci hanno origini antropiche. La frammentazione dei corsi d’acqua, o la costruzione di dighe artificiali, deviano il corso naturale dei fiumi e danneggiano l’ecosistema” - ha detto Massimo Lorenzoni, docente di Ecologia delle acque interne all’Università di Perugia - “l’azione dell’uomo, unita alle alterazioni da cambiamenti climatici, come il surriscaldamento di alcune aree, altera profondamente gli habitat naturali di molte specie, mettendole a rischio. La trota mediterranea, per esempio, che già rischia la propria identità genetica perché completamente sostituita o parzialmente ibridata con le trote aliene introdotte dall’uomo, può incontrare ostacoli fisici che bloccano la sua migrazione da valle a monte. Un percorso necessario per riprodursi e deporre le uova”. Per porre rimedio alle alterazioni dell’habitat e ridurre il rischio d’estinzione della specie, il progetto Life Streams è impegnato nel ripristino dell’ecosistema fluviale di molti territori italiani e nella reintroduzione della trota mediterranea nei bacini idonei. “Abbiamo mappato tutto il territorio coinvolto nel progetto, identificando sia barriere fisiche, come dighe o salti di cemento, che idrologiche, come ad esempio siti in cui viene prelevata l’acqua” – continua Lorenzoni. “Se i prelievi sono eccessivi, infatti, danneggiano la fauna ittica e ostacolano gli spostamenti. In seguito, abbiamo individuato le popolazioni autoctone di trota mediterranea in alcuni tratti di fiume e quelle aliene".
Il progetto Life STREAMS
Oggi, il territorio italiano conta solo qualche migliaio di individui di trota mediterranea nativa, per lo più presenti in modo frammentato o isolato in piccoli bacini idrici di montagna. Uno stato di conservazione definito sfavorevole, e “a rischio critico di estinzione”.
In molte zone d’Italia, infatti,le popolazioni di trota nativa sono considerate estinte e quasi completamente sostituite da popolazioni alloctone, spesso di origine atlantica. Le azioni di ripristino delle popolazioni autoctone promosse dal progetto Life Streams potrebbero rivelarsi quindi fondamentali per il destino di questa specie. Il progetto Life Streams mira al recupero e alla conservazione delle popolazioni di trota nativa mediterranea (Salmo cettii), salmonide endemico dell'area mediterranea protetto dalla direttiva Habitat. Il progetto è cofinanziato dalla Commissione Europea tramite il Programma LIFE e vede tra i partner il Parco Nazionaledella Majella (capofila), l'Agenzia FoReSTAS, ISPRA, Legambiente Onlus, Noesis snc, l'Ente Parco di Montemarcello-MagraVara, il Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna, il Parco Nazionale dei Monti Sibillini, il Parco Nazionale del Pollino, l'Università degli Studi di Perugia.