Lavanda selvatica

Campo di Lavanda, Limbara sud (foto Alessio Saba)

Pianta suffrutice, alta 30-60 cm., densamente ramosa, con forte odore aromatico
[per pianta suffruticosa si intende una piccola pianta perenne, legnosa con rami erbacei fino alla base, alta al massimo mezzo metro].

La radice è legnosa, serpeggiante, fibrosa.

Il fusto rigido e ramoso è legnoso inferiormente, con rami tetragoni. La corteccia di colore bruno-rossastra, con screpolature.

Le foglie dentate sono opposte oblungo-lineari, intere con margine increspato rivolto verso il basso, appaiono di un tenue colore verde-grigiastro o verde cinereo tomentoso sulle due pagine.

I fiori sono piccoli di un bruno porporino, riuniti in spighe terminali ovoidi lunghe 20-35 mm, coronate da grandi brattee sterili,di solito di colore violetto; hanno un piccolo calice gamosepalo, di colore blu scuro, terminante in 4 denti triangolari più uno che forma un’appendice pelosa.

I frutti sono degli acheni brunastri leggermente iridescenti.

Extra:

“Il vecchio contadino solitario e taciturno aveva passato metà della sua vita a piantare migliaia e migliaia di querce, faggi e betulle, facendo nascere una grande foresta, dove prima c’erano solo aride montagne e lavanda selvatica”

[da L’uomo che piantava gli alberi, di Jean Giono]

Corologia:
L'areale della Lavandula stoechas in senso lato è tipicamente stenomediterraneo. E' diffusa dalla Penisola Iberica alla Francia meridionale, all'Africa del Nord. La specie non è presente in Libia ed Egitto, in Jugoslavia ed Albania, mentre ricompare in Grecia, arcipelago egeo, Anatolia, Medio Oriente. In Italia è presente in Liguria, Penisola (solo sulle coste occidentali dall'Apuania alla Calabria), Sicilia, Sardegna, Corsica ed isole minori, manca nelle regioni del versante adriatico. Tipo corologico: steno-mediterraneo.
Fenologia:
La fioritura, influenzata dalle condizioni climatiche, avviene da gennaio fino al mese di giugno; fruttifica in giugno-luglio.
Habitat:
La lavanda è una pianta tipica della vegetazione mediterranea; predilige un clima mite ed occupa in genere le macchie e le garighe dalle zone marine sino ai 600 metri sul livello del mare, confondendosi con il cisto, il mirto e il lentisco. E’ particolarmente frequente nelle aree percorse ciclicamente dal fuoco mentre scompare quando la vegetazione diventa evoluta. Si adatta egregiamente ai terreni silicei (acidi), trachite, graniti, scisti, basalti.
Forma biologica:
Suffrutice o piccolo arbusto sempreverde.
Etimologia:
Il nome comune "lavanda" deriva dal latino del verbo "lavare" ( lavandum = che deve essere lavato) per ricordare che era molto utilizzata nell'antichità (e nel Medioevo) per detergere il corpo; molto usata anche dai Greci e dai Romani, per il suo profumo e come aromatizzante nei loro “bagni”. "Buréddha" è il nome in vernacolo della lavanda, usato in Gallura, deriva dal latino "(com) bùrere" ovvero bruciare, poiché la pianta veniva utilizzata per bruciare le setole del maiale da ingrasso alla sua uccisione.
Somiglianze e varietà:
La famiglia di appartenenza del genere (Lamiaceae) è molto numerosa con circa 250 generi e quasi 7000 specie, avendo la principale differenziazione nel bacino del Mediterraneo. La famiglia è suddivisa in 7 sottofamiglie; il genere Lavandula è descritto nella tribù Lavanduleae (di cui è l'unico genere) che appartiene alla sottofamiglia Nepetoideae. Delle 5 specie spontanee della flora italiana, 2 vivono sull'arco alpino (L. angustifolia e L. latifolia).
Curiosità:
Per la presenza di sostanze aromatiche, molte specie di questa famiglia sono usate in cucina come condimento, in profumeria, liquoreria e farmacia. La conoscenza e l'uso erboristico di questa specie è conosciuto fin dall'antichità, essendo citata nel "De Materia Medica" di Dioscoride (65 d.C.). In alcune zone della Sardegna, la lavanda, pestata fresca in olio d'oliva veniva utilizzata come cicatrizzante e anche contro il morso degli insetti. La lavanda è molto utilizzata a livello industriale per la profumazione di saponi e di altri prodotti cosmetici. In alcuni paesi, rametti di lavanda selvatica venivano associati alla palma ed all'ulivo nella benedizione della Domenica delle Palme (a Portoscuso, dove si credeva che la Madonna avesse steso i panni di Gesù su tali piante). A Dorgali la pianta la notte di S. Giovanni Battista, veniva posta negli ovili, come una "leia", per proteggere dal malocchio gli animali. Le preparazioni di lavanda, usate con cautela, sono utili per attenuare i crampi intestinali, gli attacchi d’asma, i mal di testa, come calmanti degli stati d’ansia, come cicatrizzanti. Pianta mellifera, si presta ad essere inserita nei giardini mediterranei assieme ad altre essenze della macchia e delle garighe. Tutte le specie di lavanda comuni in Europa, nonché gli ibridi coltivati, possono produrre mieli mono-flora. Le caratteristiche di questi mieli sono diverse a seconda dell'origine. Il miele di L. stoechas è l'unico miele di lavanda che si possa ottenere in Italia in quantità cospicue. Viene prodotto soprattutto in Sardegna e, occasionalmente, in altre zone tirreniche (isola d'Elba).
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Scheda
Nome latino:
Lavandula stoechas
Nome sardo:
Spicula areste, Archemissa, Abioi, Ippigula areste
Flora:
Famiglia:

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