Pianta erbacea perenne a riposo estivo, poco appariscente in inverno mentre in primavera, alla fioritura il fusto si allunga in un alto scapo fiorale (alto fino a 3 m) che persiste a lungo sulla pianta anche quando secco.
Le foglie basali sono lunghe 30–60 cm o più, con ampie guaine, più volte pennate a lacinie lineari, mucronate. I fiori sono riuniti in numerose ombrelle, la centrale a 25-40 raggi, le laterali più piccole; prima della fioritura sono avvolte dalla guaina rigonfia della foglia; i petali sono gialli. I frutti, lunghi 12–18 mm, sono diacheni appiattiti con le coste laterali saldate in un'ala.
Habitat:
Predilige terreni aridi e calcarei delle zone collinari. Cresce negli incolti, in siti sassosi e assolati, nei pascoli, ai bordi delle strade, al di sotto della fascia montana. Si rinviene sporadicamente al margine degli stagni temporanei sardi in aree ruderali.
Etimologia:
Dal latino ferula, antico nome latino (sferza, bacchetta, bastoncino) usato per indicare una pianta a fusto dritto.
Curiosità:
Alcuni principi attivi nei tessuti di questa pianta sono ad attività anticoagulante. I sintomi dell'intossicazione sono di tipo emorragico, più frequenti in ovini, caprini bovini ed equini che si erano cibati della pianta (il "mal della ferula").
Il rischio maggiore di intossicazione al bestiame lo si corre soprattutto quando questi pascoli-prati con ferula vengono sfalciati (prima della fioritura quando ancora la pianta è praticamente mimetizzata) e utilizzati essiccandone il fieno raccolto per aumentarne la digeribilità e addirittura miscelandolo con altre essenze foraggere. Così facendo anche il bestiame non è più in grado di riconoscere e scartare la ferula e l'intossicazione che procede in modo silente ma continuo aumenta il rischio di falcidiare intere mandrie.