Tra i lavori della montagna che testimoniano una secolare esistenza di duro lavoro c'era quello dei carbonai. Per numerosi secoli, fino ai primi del '900, i boschi della Sardegna furono luogo di lavoro per molti di questi "artisti del fuoco".
Il carbone prodotto in Sardegna veniva trasportato verso le città per gli usi più disparati. Era, in quei tempi, un prodotto di valore, ed una risorsa che assicurava la sopravvivenza a numerose famiglie.
Ma nei boschi restano i segni dello sfruttamento, intensivo e spesso oltre ogni ragionevole ecologia.
In alcune Foreste Demaniali l'ex Ente Foreste della Sardegna (ora Forestas) ha ricreato nel tempo, a scopo didattico, alcune carbonaie: qui la SCHEDA della realizzazione di una carbonaia a cura del personale Forestas (2012, Ente Foreste, Barigadu).
SEGNI INDELEBILI DEL PASSATO
Nei boschi sardi, un po' ovunque (dal Linas al Marganai, nel Gutturu Mannu e nei boschi dei Settefratelli, nell'Arci-Grighine, nel Barigadu e nel Goceano...) restano i segni delle aie carbonili, spiazzi pianeggianti dove si praticava la carbonizzazione della legna in carbonaie all'aria aperta. Erano posizionate nel bosco, vicino al luogo di raccolta delle legna appena tagliata; riparate dalle intemperie e vicino all'acqua (sorgenti o ruscelli) indispensabile per l'estinzione del carbone. Il suolo non doveva essere nè troppo compatto nè troppo friabile.
I segni che restano di questa attività sono inconfondibili: spazi circolari, terra particolarmente annerita, evidenze di pietre o massi che delimitavano la carbonaia, con un raggio di parecchi metri.
Le fasi della lavorazione
Preparazione del legname
La prima fase del lavoro consisteva nella preparazione della legna: i carbonai tagliavano gli alberi, generalmente nel periodo di luna calante. Le piazzole da carbone (aie carbonili) erano disseminate nei boschi a distanze abbastanza regolari e collegate da fitte reti di sentieri. Dovevano trovarsi lontane da correnti d'aria ed essere costituite da un terreno sabbioso e permeabile. Molto spesso, visto il terreno scosceso dei boschi, erano sostenute da muri a secco in pietra; venivano ripulite accuratamente durante la preparazione del legname.
La disposizione in cerchio
Per favorire la carbonizzazione, il legname più grosso doveva essere spezzato. Quattro pali di legno, alti circa 2-3 metri, venivano piantati saldamente nel terreno, per formare una sorta di camino o sfiato centrale. Questi pali erano tenuti insieme da due cerchi formati con dei rametti. È proprio da questo centro che iniziava la cottura della legna. Solo dopo aver piantato e legato i pali, i carbonai iniziavano a costruire la carbonaia, sistemando internamente ai 4 pali prima la legna più grossa (che richiedeva più cottura) poi quella più sottile, in modo da lasciare il foro centrale libero per sistemare poi le braci. La legna veniva ben stipata, per evitare interstizi areati che potevano compromettere la riuscita della cottura. Questa sistemazione richiedeva 2 giorni di lavoro, svolto con una metodica affinata sempre più dall'esperienza e da una tradizione secolare.
La copertura della carbonaia
Una volta conclusa la posa, la carbonaia assumeva la tipica forma conica arrotondata con un raggio di base di 2-3 metri. Seguivano altri due giorni di lavoro per la copertura. Nella parte in basso, si collocavano sulla carbonaia una di cintura rami di cisto, erica o fillirea. La parte più in alto veniva invece ricoperta da un alto strato di foglie secche ripulite dai rametti. Questo strato di foglie doveva essere di 8-10 cm. Il rivestimento di foglie veniva a sua volta ricoperto di terriccio ripulito dai sassi, allo scopo di isolare la legna dall'aria.
la "cottura" del carbone
Nella fase di cottura servivano due pali, uno più sottile per aprire dei fori di respiro, ed uno più grosso, usato quando si imboccava (ovvero riempiva) la carbonaia. Acceso un fuoco per preparare le braci, si poteva aprire la bocca della carbonaia, che veniva imboccata con dei piccoli pezzi di legna e poi avveniva l'accensione inserendo nella bocca numerose braci. Ai piedi della carbonaia si aprivano 4 fori di respiro, che sarebbero rimasti aperti per tutti i 13-14 giorni di cottura. Dopo qualche ora dall'accensione, quando il fumo usciva copioso, si alimentava il fuoco con nuova legna che doveva essere ben pressata con il palo più grande.
Si chiudeva quindi la bocca ed il fumo a questo punto doveva uscire, dai fori in basso. Per 4- 5 giorni la carbonaia veniva alimentata in questo modo giorno e notte, finché una consistente fiammata alla sommità annunciava l'avvio definitivo del processo di carbonizzazione. La cottura iniziava nella parte in alto della carbonaia, per questo i carbonai aprivano dei fori con il bastone sottile, fori che venivano poi chiusi ed aperti via via più in basso per spostare la zona di cottura.
il controllo della combustione
Dopo una decina di giorni la carbonaia assumeva un aspetto diverso: il terriccio di copertura diventava nero e le dimensioni si riducevano notevolmente; anche i fumi che uscivano dai fori assumevano un colore diverso. In questa ultima fase di cottura l'alimentazione della carbonaia avveniva ai lati dove si creavano degli affossamenti e non più dalla bocca, oramai inesistente. Una carbonaia di 100 quintali richiedeva 8 quintali di legna per alimentare questa combustione lenta. Nel corso della carbonizzazione la legna diminuiva il suo volume del 40% e del suo peso dell'80%. Proprio per questo il carbonaio negli ultimi giorni doveva prestare molta attenzione affinché non si creassero dei vuoti d'aria all'interno che avrebbero potuto provocare l'incenerimento della carbonaia.
Per evitare ciò doveva "batterla" con il grosso bastone: in base al colore del fumo che fuoriusciva dai fori laterali, il carbonaio poteva controllare l'andamento della combustione e solo quando il fumo era turchino e trasparente il carbone era pronto.
Lo stoccaggio
A cottura ultimata si iniziava la fase della scarbonizzazione che richiedeva ulteriori 1-2 giorni di lavoro. Per prima cosa si doveva raffreddare il carbone con numerose palate di terra. Si procedeva quindi all'estrazione spegnendo con l'acqua eventuali braci rimaste accese. La qualità del carbone ottenuto variava a seconda della bravura ed esperienza del carbonaio, ma anche dal legname usato.
Il carbone di ottima qualità doveva cantare bene, cioè fare un bel rumore. Infine il carbone, quando era ben raffreddato, veniva insaccato e trasportato dai carrettieri verso la pianura per essere venduto.
Di questo carbone si faceva uso sia domestico che industriale.