L'erpetologo belga Jeroen Speybroeck - autore dell'importante guida Amphibians and Reptiles of Britain and Europe - accompagnato da un suo assistente e dal fotografo naturalista sardo A.Spiga, si è recato presso la Foresta Demaniale Settefratelli per controllare lo stato di conservazione della popolazione del Geotritone del Sarrabus (Speleomantes sarrabusensis) presente in alcune fonti all'interno dell’area gestita da Forestas.
Cosa emerge dai sopralluoghi
I riscontri sono positivi: in un sito protetto quale Settefratelli, lo studioso ha riscontrato un numero di esemplari superiore rispetto alla sua ultima visita - avvenuta nel 2011. L’erpetologo è stato assistito in tutte le fasi del sopralluogo dal personale dell’Agenzia Forestas che presidia i siti di presenza di questa specie e li preserva, anche ricorrendo ad apposite chiusure per impedire l’accesso casuale di visitatori inconsapevoli o persone non autorizzate. Questo fa ben sperare sulla conservazione di questa specie, una delle cinque di anfibi urodeli endemici della famiglia dei Pletodontidi presenti in Sardegna.
Il Genere Speleomantes
Il genere Speleomantes, in Europa, è composto da 7 specie, delle quali una sola presente nella parte sud-orientale della Francia, fuori dai confini del nostro paese (lo Speleomantes strinatii) mentre le altre sei specie sono esclusive dell’Italia: fatta eccezione per il S.ambrosii e S.italicus (presenti nelle Alpi Marittime e lungo gran parte della catena Appenninica) gran parte di questi endemismi è concentrato in Sardegna con 4 specie: S. imperialis, S. sarrabusensis, S. supramontis, S. flavus [Lanza et al. 2006; Chiari et al. 2012].
Una quinta specie di Pletodontidi, presente solo in Sardegna è l’Atylodes genei o geotritone di Genè del Sulcis-Iglesiente.
UNA SPECIE ESTREMAMENTE DELICATA !
I geotritoni sono animali abbastanza elusivi, che passano gran parte della loro vita al riparo tra fratture della roccia, sotto le pietre e nei tronchi degli alberi. In questi ambienti trovano condizioni di temperatura e umidità adatte. Infatti questo genere di anfibi urodeli (quindi dotati di coda) per via delle peculiari caratteristiche fisiologiche - come l’assenza di polmoni e la respirazione cutanea - è legato a condizioni ambientali caratterizzate da elevata umidità e temperature relativamente basse. Queste specie non sono particolarmente legate alla presenza di corpi idrici o corsi d’acqua, durante nessuna fase del proprio ciclo vitale; vivono su diversi substrati rocciosi, dai calcari molto fratturati e con presenza di ambienti umidi in profondità, alla roccia granitica che risulta pressoché priva di cavità ipogee, agli ambienti forestali e pietraie.
RACCOMANDAZIONE: non manipolare questi animali!
I problemi che possiamo creare anche solo e semplicemente toccandoli, sono tanti: in primis malattie molto gravi come la chitridiomicosi. Ignorare la delicatezza di questi piccoli anfibi potrebbe avere conseguenze letali: la curiosità di toccarli, o peggio ancora spostarli dal loro habitat, potrebbe essere per loro una condanna a morte. Il miglior modo di tutelarli è quindi ricordarci sempre che hanno bisogno di umidità e temperature adatte: quelle che hanno scelto nel luogo dove vivono e si rifugiano. NON TOCCHIAMOLI, NON DISTURBIAMOLI, NON MANIPOLIAMOLI IN ALCUN MODO.
La distribuzione delle cinque specie sarde è molto limitata.
Anche le conoscenze sulle preferenze ambientali nelle diverse fasi del ciclo biologico risultano parziali e necessitano di ulteriori indagini. Tutti questi anfibi urodeli, considerata la distribuzione degli areali e la presenza spesso puntiforme delle diverse popolazioni, sono classificate, sotto il profilo della conservazione e secondo i criteri IUCN, da “vulnerabili”(VU) a “in pericolo” (EN).
Recentemente, a partire dal 2015, le specie in Sardegna sono state studiate dai naturalisti Dott. Roberto Cogoni e Dott. Enrico Lunghi, i quali si sono occupati in particolare della biologia riproduttiva, dieta e distribuzione. La conoscenza delle cinque specie sarde ha tuttavia molte lacune: a tal riguardo, considerata la carenza di dati sulla distribuzione di alcune di esse (in particolare S. imperialis, S. supramontis, S. flavus) sarebbero necessarie una seria campagna di verifica dello status di conservazione ed azioni dirette alla tutela dei siti di distribuzione.