Introduzione accidentale di patogeni: un fattore di rischio
Tra le correnti minacce all’erpetofauna (*) gli scienziati riportano da tempo diversi fattori, spesso sinergici:
perdita e frammentazione dell’habitat, modifiche artificiali dei corsi d’acqua e delle conformazioni, inquinamento dei corsi d’acqua, pesca di frodo con sostanze tossiche o elettricità, immissione di ittiofauna alloctona, turismo eccessivo (canyoning e altri sport acquatici) e l’introduzione accidentale di patogeni. Tra questi il fungo chitride, che altera alcune proteine della pelle degli anfibi (che gli animali usano per respirare e regolare l'equilibrio di temperatura e liquidi corporei): in breve tempo questo patogeno, conduce alla morte rane, geotritoni, raganelle euprotti e discoglossi, solo per citarne alcuni
(*) gli Anfibi sono talvolta inclusi - anche nel linguaggio scientifico non troppo precisamente - nella categoria più generale dell’erpetofauna che comprende anche la classe dei Rettili. In realtà bisognerebbe parlare di batracofauna
Il fungo Batrachochytrium dendrobatidis
Agente della chitridiomicosi, è causa accertata di estinzioni e riduzione di popolazioni di batracofauna in tutto il mondo ed attualmente è presente nelle acque dei torrenti dell’Isola.
Sulla base dei torrenti sinora campionati (che non comprende ancora la totalità dei corsi d’acqua) la sua presenza attualmente è accertata in Sardegna, con una distribuzione sporadica nel centro-sud dell’isola, mentre l’infezione è maggiormente diffusa nel nord-Sardegna (Bovero et al., 2008; Bielby et al., 2013).
Gli studi hanno documentato morie causate da questo fungo a carico della specie endemica Discoglosso sardo e la presenza di infezioni in alcune popolazioni di un’altra specie estremamente protetta a livello mondiale e presente solo in Sardegna: l’Euprotto.
Merita dunque attenzione questa problematica, come già più volte evidenziato e come citato anche nel caso della recente visita in Sardegna del noto erpetologo belga Speybroeck.
Facendo un parallelismo con il mondo vegetale, questa problematica è simile alle patologie da Phytophtora nei querceti mediterranei.
Acqua Trekking e Canyoning: alcune criticità da non sottovalutare
Sport acquatici come l’acqua trekking e il canyoning pur essendo splendide attività a contatto con la Natura, presentano alcune criticità che gli amanti dello sport e dell’ambiente non possono certamente trascurare. Studi francesi e spagnoli hanno dimostrato che questi sport acquatici possono provocare perdità di biodiversità, frammentazione di habitat e riduzione di popolazioni.
Occorre, affinché divengano attività veramente eco-sostenibili, prestare piccole attenzioni utili per preservare l’ambiente in cui si svolgono.
Troppi, infatti, sottostimano l'effetto della propagazione di spore di funghi, batteri e virus possibili anche attraverso attrezzature e scarponi potenzialmente infetti, veicolando così inconsapevolmente patogeni aggressivi sia nei confronti della fauna che della flora della Sardegna.
Man mano che anche la fruizione dei torrenti diventa un'attività ad alta diffusione, il pericolo di trasmissione della Chitridiomicosi da un corso d’acqua all’altro, diventa sempre più elevato.
Al pari della frammentazione degli habitat delle specie più delicate, questa malattia fungina sta decimando centinaia e centinaia di specie di anfibi in tutto al mondo causandone (come con-causa) l’estinzione di molte decine.
Il potenziale rischio in Sardegna
Il rischio che tutto questo possa avvenire anche nella nostra Regione con gli stessi fattori e per le stesse con-cause è concreto.
Nella nostra isola ci sono specie estremamente rare che avendo una distribuzione spesso puntiforme, come il discoglosso sardo, l’euprotto e i geotritoni, sono costantemente minacciate dall’eventuale introduzione di patogeni esterni. Il trasporto delle spore è una delle modalità per diffonderli inconsapevolmente. In alcuni casi queste nostre preziosissime specie sono state già infettate.
Come si trasmette la malattia
Maneggiare gli anfibi o passare da un torrente ad un altro è una modalità di introduzione di patogeni e trasmissione di malattie che porta con sé il rischio - concreto - di possibile sofferenza e - in extremis - dell’estinzione delle specie. Le spore sono nell’acqua e la trasmissione della malattia è - purtroppo - facilissima. Gli appassionati potrebbero infettare i corsi d'acqua - pur non volendo o non sapendo - con spore che arrivano dalle loro regioni di provenienza o propagare la malattia da un torrente all’altro della Sardegna, agevolando la diffusione e peggiorando gli scenari.
La malattia viene trasmessa non solo al contatto con le specie ma anche attraverso le spore, che sono invisibili e persistono nell’acqua e nel substrato del letto del torrente. Durante la percorrenza di un corso d’acqua si possono insinuare facilmente in tessuti e calzature e rimanerci, vitali nell’umido, per lungo tempo.
COSA POSSIAMO FARE
Ci sono però alcuni accorgimenti che possono scongiurare, responsabilmente, questi rischi:
- non maneggiare le specie che incontriamo durante l’escursione
- disinfettare tutta l’attrezzatura con l'ipoclorito di sodio al 5% e/o alcool etilico al 70% per almeno 30 minuti o scaldando in acqua il materiale per 5 minuti a 60 °C o lasciando asciugare completamente materiale e scarpe prima di andare in un altro torrente (il fungo muore se disidratato)
- fare attenzione a non trasportare organismi acquatici (piante, invertebrati ecc.) anche attraverso il contatto dell’acqua con i vestiti e le mani.
Tutti coloro che amano i torrenti e le attività ludiche/sportive sul territorio e su questi ecosistemi, dovrebbero prestare attenzione ed evitare comportamenti che possano contribuire a propagare patogeni, facendo responsabilmente prevenzione per rispettare i fragili ecosistemi ed i loro abitanti.
La preoccupazione del mondo scientifico
La IUCN spiega che: “tra gli scienziati vi è un crescente consenso che la diffusione della chitridiomicosi abbia portato e porterà gli anfibi all’estinzione ad una velocità che l’umanità non ha documentato in nessun altro gruppo tassonomico”
Le norme di tutela
Peraltro, le tutele per queste specie ci sono già, nella nostra normativa. Tra queste:
- L.R. 23/98 (divieto di disturbo della fauna selvatica)
-
PPR (aree naturali e subnaturali, art.24) secondo cui la pianificazione settoriale e locale deve regolamentare (tra i vari punti)
1. le attività escursionistiche e alpinistiche nelle falesie, scogliere, isole disabitate e negli ambienti rocciosi ospitanti siti di nidificazione di rapaci, di uccelli marini coloniali e di altre specie protette di interesse conservazionistico e nei siti di importanza bio- geografica per la flora e la fauna endemica;
2. le attività turistiche e i periodi di accesso agli scogli e alle piccole isole, compresa la fascia marittima circostante ed altri siti ospitanti specie protette di interesse conservazionistico in relazione ai loro cicli riproduttivi;
7. con riferimento ai sistemi fluviali e alle relative formazioni riparali con elevato livello di valore paesaggistico, l’attività ordinaria di gestione e manutenzione idraulica in modo da (f.) disciplinare le attività di torrentismo, della caccia e della pesca sportiva.