Le principali avversità della Quercia da sughero
Il paesaggio della sughera è unico ed esclusivo dell’ambiente mediterraneo, diffuso principalmente nell’area della Francia mediterranea, dell’Italia meridionale ed insulare, della Spagna, del Marocco, dell’Algeria e della Tunisia (Angelo Aru).
In Sardegna le sugherete sono tutte di origine antropica. La loro diffusione attuale è dovuta alla degradazione, soprattutto da incendio, della leccetta. La sughera, resistente al fuoco più del leccio e della roverella, grazie alla corteccia ispessita e suberificata, tende a sostituire nel tempo queste specie, ma è soprattutto l’uomo, per ricavare il sughero, che favorisce questi boschi a scapito di altre formazioni vegetali.
Infatti nelle sugherete, sempre che non sia stata praticata di recente l’asportazione della corteccia, il rinnovo dell’apparato fogliare, in condizioni normali, avviene dopo uno o due mesi dal passaggio del fuoco.
Importante sottolineare che il fuoco crea comunque dei danni notevoli sui boschi di Quercus suber L. - trasformandoli in ecosistemi più o meno degradati e con perdite ingenti di sughero, non più disponibile per lavorazioni pregiate. I principali problemi legati alla degradazione e alla salute di queste formazioni sono essenzialmente dovuti ad una sinergia di diversi fattori biotici e abiotici, come le scarse precipitazioni, attacchi incontrollati da parte di diversi parassiti, gli incendi frequenti, l’abbandono del bosco, l’alterazione dei suoli.
Inoltre, negli ultimi vent’anni si è riscontrato un generale deperimento dei boschi di quercia sia europei che nord americani e, anche in Sardegna, si hanno segnalazioni di parcelle arboree affette da diversi sintomi come perdita delle foglie, marciume radicale, stentata vegetazione, con conseguente debilitazione della pianta che diventa così facile preda di parassiti. Particolare attenzione, accanto alle tradizionali ma temibili malattie che colpiscono la quercia da sughero come la “cistodendrosi”, “il cancro carbonioso”, il “marciume radicale”, meritano alcune specie di insetti chiamati Lepidotteri defogliatori.
I Lepidotteri defogliatori
I Lepidotteri defogliatori si nutrono di parti verdi della pianta e costituiscono un serio problema soprattutto nei periodi in cui le infestazioni raggiungono dimensioni rilevanti. La perdita delle foglie comporta una riduzione dell’attività fotosintetica con conseguente alterazione delle normali condizioni fisiologiche. Attacchi di forte intensità che si ripetono per più anni possono compromettere l’accrescimento delle giovani piante, mentre le piante adulte di solito reagiscono con più facilità emettendo delle nuove foglie durante la stagione vegetativa e recuperando gradualmente la propria funzionalità. I casi di epidemia di questi insetti sono da imputare essenzialmente ad una serie di fattori che influiscono sulla sopravvivenza delle popolazioni e di conseguenza sulla frequenza delle infestazioni (es. il clima, malattie, la mancanza di predatori ect).
Gli studi compiuti fino ad ora hanno permesso di campionare la presenza nelle sugherete, di oltre 300 specie di insetti, di cui circa 34 legate strettamente alla quercia da sughero.
Le specie che rivestono una particolare importanza fitopatologia sono essenzialmente la Lymantria dispar L. (Limantride), il Malacosoma neustria L. (Lasiocampide), la Tortrix viridana L. (Tortricide) e l’Euproctis chrysorrhoea L. (Crisorrea).
I danni provocati da queste specie possono portare alla completa defogliazione di intere aree forestali. La Limantria e il Bombice gallonato sono le uniche specie di Lepidotteri presenti in Sardegna in grado di determinare, ad intervelli di tempo più o meno regolari, intense ed estese defogliazioni. I Lepidotteri defogliatori non sono dannosi per la salute umana ed un eventuale uso di prodotti chimici deve essere valutato con estrema cautela, in quanto potrebbe interferire negativamente sugli equilibri biologici esistenti, distruggendo non solo i Lepidotteri ma anche buona parte dell'entomofauna forestale.
Tecniche rispettose dell’ambiente e dell’equilibrio dei boschi, quali la lotta biologica, microbiologica e biotecnica, avvalendosi di batteri, funghi, virus, protozoi e nematodi, alcuni dei quali riprodotti in laboratorio, si sono rivelate utili nel risolvere il problema. Attualmente in Italia, solo nelle foreste, è consentito l’uso di alcuni formulati a base del batterio Bacillus Thuringiensis che consentendo di effettuare una selezione mirata risulta poco nocivo ai cosidetti insetti utili.