Le coste della Sardegna sono invase quotidianamente da tonnellate di rifiuti in plastica, i quali rappresentano il 90% del rifiuto galleggiante in mare. Per la maggior parte si tratta di oggetti quali: sacchetti, bottiglie in PET (polietilene tereftalato), recipienti e imballaggi di ogni genere, polistirolo, una quantità enorme di tappi di plastica, di bastoncini di cotton fioc e di mozzicconi di sigaretta, ed anche contenitori di detersivi e olii il cui contenuto si è disperso in natura.
Gran parte dei rifiuti dispersi nell'ambiente è poco visibile, e questo contribuisce alla sottostima dell'effettivo inquinamento prodotto.
La dimensione del problema
Alcuni numeri fanno capire la gravità della situazione: si stima che in Italia vengano consumati miliardi di sacchetti di plastica al mese, un quarto di quelli prodotti in tutta Europa.
Per fabbricarli si consuma un'ingente quantità di petrolio, mentre alla fine del ciclo, per smaltire i 2/3 dei sacchetti prodotti ma non vengono riciclati, vengono dispersi nell'atmosfera 200 mila tonnellate di anidride carbonica.Per non parlare di tutto il resto del packaging in plastica, che in Italia pesa annualmente 16 milioni di tonnellate.
Ecco inoltre, a titolo esemplificativo, alcuni dati sulla durata degli oggetti inquinanti comunemente rintracciabili nell'ambiente:
- Polistirolo: 1000 anni
- Cotton-fioc: da 20 a 30 anni
- Bottiglie di vetro: 1000 anni;
- Bottiglie di plastica: 1000 anni
- sigarette: da 1 a 5 anni
- Buste di plastica: da 100 a 1000 anni
- Lattine di alluminio 1000 anni
- Accendini: da 100 a 1.000 anni
La normativa
Sembrava che i sacchetti di plastica in polietilene, realizzati cioè con polimeri ai quali sono stati aggiunti additivi contenenti metalli pesanti - non in linea con la direttiva comunitaria EN 13432 - dovessero essere eliminati dalla circolazione entro dicembre 2009 da una normativa (finanziaria 2007, articolo 1, commi dal 1129 al 1131) alla quale però non sono mai seguiti i decreti attuativi per definirne i modi e le sanzioni: dunque, per il momento, ci si dovrà ancora affidare alla sola coscienza individuale dei cittadini e alle valutazioni di convenienza delle varie catene commerciali per limitare la diffusione delle buste in plastica.
I danni all'ambiente e alla salute
Secondo la ONG GreenPeace, il 10% delle tante tonnellate di plastica prodotte ogni anno finisce in mare.
Solo un quinto viene gettato dalle imbarcazioni e dalle piattaforme, mentre il resto arriva dalla terraferma, sospinto dal vento o trascinato da scarichi d'acqua e fiumi.
A livello mondiale sono almeno 143, secondo Charles Moore della fondazione A.M.R.F., le specie marine che sono rimaste vittime di "entanglement", morte cioè di fame, soffocamento o annegamento quando gli animali rimangono imbrigliati in sacchetti, reti o altri rifiuti plastici. Altro problema è la drastica riduzione della poseidonia, un'alga che contrasta l'erosione costiera.
Ci sono dei buoni motivi per cambiare i propri comportamenti quotidiani circa l'uso della plastica, infatti la sua dispersione in natura, come anche il suo smaltimento, produce danni non soltanto alla fauna e la flora, ma attraverso la catena alimentare anche all'uomo. Il danno alla salute dell'uomo può giungere attraverso due vie principali: una è quella delle diossine prodotte dall'incenerimento della plastica, che si legano ai sedimenti e ai materiali organici nell'ambiente e vengono assorbite dai tessuti grassi umani e animali; l'altra via è attraverso l'ingerimento, sempre attraverso la catena alimentare, delle microparticelle di plastica date dalla frantumazione dei rifiuti in mare, la cui quantità supera di molto la percentuale di plancton, secondo Charles Moore della fondazione A.M.R.F.
Inoltre la plastica in mare agisce come una spugna attirando tutte quelle sostanze chimiche idrorepellenti come quelle raggruppate nella categoria "inquinanti organici persistenti" chiamate anche "distruttori endocrini", che colpiscono in gruppo risalendo la catena alimentare dall'ambiente fino all'uomo.
Consigli utili
Si rende necessario ridurre drasticamente il consumo di oggetti in plastica: ciascuno di noi può fare qualcosa per ridurre l'impatto sull'ambiente.
Sebbene la diffusione della raccolta differenziata sia un passo utile ed importante, per quanto riguarda i rifiuti in plastica l'unico modo efficace per ridurne l'impatto è diminuire il consumo - e dunque la produzione - di imballaggi in plastica.
Per fare questo, ecco qualche consiglio utile:
- per fare la spesa preferire i sacchetti di tela riutilizzabili a quelli in plastica e bioplastica,
- preferire i prodotti con poco imballaggio, quelli sfusi, in confezioni "formato famiglia", o con contenuto ricaricabile,
- non abusare di prodotti "usa e getta", la cui apparente economicità e praticità non tiene conto dei costi sociali e gli impatti ambientali correlati,
- preferire l'acqua del rubinetto a quella imbottigliata,
- preferire prodotti con marchi ambientali, che certificano che l'intero ciclo di produzione, fino al futuro smaltimento, e a basso consumo energetico e impatto ambientale.