Considerazioni sulla gestione selvicolturale dei boschi cedui del Monte Amiata

24 Novembre 2020
Paesaggio Amiata_per_divulgazione-02-11-2020

Una recente sentenza del Consiglio di Stato ha evidenziato come nei boschi vincolati paesaggisticamente per Decreto Ministeriale le utilizzazioni debbano essere assoggettate a parere vincolante della Soprintendenza. Può essere interessante, dal punto di vista della gestione selvicolturale, osservarne gli effetti a livello nazionale per trarne qualche considerazione generale.

Dopo il "Caso Marganai" anche la Toscana affronta il conflitto tra vincoli e gestione forestale 

La Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Siena, Grosseto e Arezzo (con riferimento alla Pratica n. 8120, Prot. 13182-6-4/0) nel rilasciare il primo parere dopo la sentenza, per interventi in boschi cedui di castagno nell’area del Monte Amiata sottoposti ai vincoli previsti dal Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (D.lgs. 42/2004) è entrata pesantemente nel merito della gestione forestale, indicando quelle tipologie di tagli che - secondo i suoi funzionari - sono compatibili con il mantenimento del paesaggio: alto fusto o ceduo composto.
In questo modo si renderebbe però di fatto impossibile - secondo alcuni esperti - la produzione di paleria di castagno, su cui si basa gran parte dell’economia forestale amiatina. Questo perchè secondo il parere della Soprintendenza (che è vincolante per gli uffici forestali locali) il ceduo semplice matricinato, l’unica forma di gestione del castagneto idonea alla produzione della paleria, deve scomparire dall’Amiata.

Il parere della Soprintendenza, entrando nel merito della forma di gestione selvicolturale del bosco in questione, ritiene “non auspicabile che si voglia continuare nel governo a ceduo” e considera più opportuno il ceduo composto in quanto “tale sistema selvicolturale meglio risponde ad esigenze estetiche, poiché attenua la discontinuità delle chiome, grazie al più elevato numero di matricine rilasciate alle loro maggiori dimensioni, e si avvicina probabilmente di più al sistema selvicolturale storico di gran parte dei boschi della Toscana, prima della loro massiccia conversione a ceduo iniziata a partire dalle seconda metà del XIX Secolo”.

Questo parere sembra agire in senso contrario a quanto stabilito venti anni orsono dalla Convenzione Europea del Paesaggio (CEP), secondo la quale

il “Paesaggio" designa una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall'azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni: un paesaggio “culturale”.

Il paesaggio infatti non è statico, bensì è molto dinamico ed è soggetto a cambiamenti nel breve e nel lungo periodo legati all’uso del suolo da parte dell’uomo ed alle sue esigenze economiche e sociali.
Nella regione mediterranea il paesaggio caratterizzato dal bosco ceduo rappresenta proprio una delle più diffuse e tradizionali interazioni dell’uomo con il sistema naturale sin dai tempi Etruschi, Nuragici e Romani.   Dalle cronache sembrerebbe dunque che - a cinque anni dal caso Marganai - dopo la Sardegna oggi tocchi alla Toscana vivere il problematico stallo dovuto al timore di incorrere in sanzioni penali che potrebbero scaturire dalle contrapposizioni (incomprensioni) sul tema della tutela paesaggistica e della gestione forestale.  
Eppure, se si volessero seguire i ragionamenti delle Sovraintendenze nell’alveo dell’estetica (cosa non raccomandabile) bisognerebbe ricordarsi che in Italia la selvicoltura con i selvicoltori - al pari dell’agricoltura con gli agricoltori - è la pratica che da secoli concorre a disegnare il paesaggio rurale del cosiddetto Bel Paese. Una dettagliata petizione in forma di lettera aperta indirizzata ai Ministri competenti, è stata recentemente diffusa a tal proposito da un gruppo di esperti e portatori di interessi del settore Forestale.  

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