Canal Grande di Nebida, Iglesias

Canal Grande di Nebida, Iglesias

E' raggiungibile con difficoltà per via di terra e prende nome dalla vallecola del Rio Canal Grande (dialettale canali=canale, valle) che sbocca a mare in questo punto. E’ chiusa da un’alta e inaccessibile falesia di calcescisti paleozoici a giacitura quasi verticale, aspetto che rende il luogo quasi unico nel suo genere. Al piede della falesia si aprono numerosi anfratti e cavità. Particolarmente importante e famosa la Grotta delle Spigole, dovuta all’erosione marina e parzialmente sommersa, la cui forma ricalca pittorescamente la naturale inclinazione degli strati rocciosi della falesia (sviluppo 151 m, altezza 30 m, larghezza 5 m). Spettacolare la visione dei marosi che, spinti dal maestrale, si infrangono sull’apertura della grotta.

Provvedimento istitutivo: Decreto Assesorato Difesa Ambiente n. 35 del 21.01.97

L’unità paesaggistica naturale ed agraria

Le rocce affioranti a Canal Grande sono costituite da arenarie quarzoso-feldspatiche, argilliti, scisti arenacei e siltiti (Membro di Punta Manna della Formazione di Nébida) e da dolomia rigata, dolomia grigia massiva e calcare ceroide appartenenti alla Formazione di Gonnesa. Nei livelli arenacei ed in quelli argillosi sono presenti i trilobiti (Giordanella e Sardoredlichia, Enantiaspis e Nebidella).
In seguito alla fase sarda del ciclo orogenetico caledonico, la sequenza sedimentaria è stata piegata e dal mare è possibile vedere la piega con asse E-O di circa 80 m di altezza. Tra Buggerru e Masua il “metallifero” termina con una falesia alta e continua sul mare, interrotta soltanto dalle piccole insenature di Buggerru, Cala Domestica e Canal Grande. Più a S, in corrispondenza degli “argilloscisti di Cabitza” e della “puddinga ordoviciana”, la costa diviene più articolata e meno acclive: caratteristico è l’allineamento degli scogli (il Pan di Zucchero con il suo corteggio) di calcare ceroide cambriano, chiazzato di ”dolomia gialla” epigenetica, che contrastano nettamente con la morfologia ed il colore rosso vinaccia dei sedimenti ordoviciani.
In quest’ambiente si inserisce Canal Grande, una località assai poco trasformata da interventi umani. La Cala si trova in una zona oggi debolmente frequentata, ma che un tempo era percorsa dai mezzi delle miniere in quanto punto d’imbarco di minerale. Le cale di quest’area infatti servivano per trasferire il minerale in piccole barche a Carloforte, dove si compiva il trasbordo su imbarcazioni più grandi. Nei pressi si trovano le miniere di Montecani, chiusa da tempo, e di Acquaresi, dove l’attività invece continua, utilizzando collegamenti sotterranei con la miniera di Masua. Il paesaggio naturale è stato pertanto profondamente segnato dalle miniere: scavi a cielo aperto, discariche, strade, opere varie, oltre a costruzioni industriali e ad abitazioni dei minatori, costellano valli e versanti. Sulla
così a le tracce del lavoro minerario si addensano nei punti
d’imbarco, con rovine di laverie, pontili, ferrovie. Alcune gallerie sono state scavate appositamente per raggiungere la spiaggia, come a Porto Flavia, dove le imbarcazioni si avvicinavano per venir caricate di minerale a mezzo di trasportatori e ponti metallici.

Interesse culturale:
Il termine Canale è sinonimo di “valle” e in campidanese significa canale, doccia, valle lunga e stretta (PAULIS, 1987). Nei pressi il toponimo di Punta Bousse ricorda la presenza mineraria belga e francese. Il toponimo Punta Sa Bidda si riferisce ad un antico villaggio abbandonato. Nei dintorni compaiono numerosi i segni del lavoro minerario: discariche, villaggi abbandonati, edifici minerari di vario uso, la più parte dei quali dismessi. La miniera più vicina è quella detta di Canal Grande, un tempo produttiva di blenda.
Tutela e valorizzazione:
Dalle miniere di Masua - Acquaresi - Nébida provengono begli esempi di calcite, variamente colorata, pirite e marcassite, che sono oggetto di collezionismo. Particolare è anche la smithsonite cadmifera di Masua. L’area di Canal Grande resta al di fuori della Riserva naturale ”Costa di Nébida” (LR 31/89), con la quale confina e che potrebbe essere ampliata per comprendere anche questo tratto. Il vincolo monumentale comporta l’interdizione di costruzione di manufatti per l’ancoraggio nella cala. Sono pure vietati qualunque abbattimento di rocce e manomissione della vegetazione arborea. Canal Grande può essere opportunamente inserita in un itinerario di terra che segua le tracce del lavoro minerario o in un itinerario via mare, che, partendo dai porti di Portovesme, Carloforte o Calasetta, posti a S, volga verso N raggiungendo il porto di Buggerru. Sono ampie le prospettive su Pan di Zucchero e i faraglioni più piccoli, le falesie violacee nel tratto Fontanamare/Porto Flavia, le cale di Porto Sciusciau e Cala Domestica. Il sito aspro e remoto, dove l’allevamento caprino sembra essere l’unica attività economica, è marginale rispetto alle maggiori direzioni del turismo. Il rischio d’incendio appare elevato, stando alle tracce visibili sui versanti vicini. La vegetazione nella valle è più protetta e - per quanto alterata dal taglio e dal pascolo - abbastanza ricca di essenze allo stato arboreo, come olivastri e ginepri, con ricco sottobosco di lentischi e cisti (boscaglia a Ginepro coccolone, Ceratonion). La grotta è meglio accessibile dal mare, partendo dal porto di Buggerru o da Portoscuso. La cala può comunque essere raggiunta anche via terra partendo da Masua (ss 126) e percorrendo circa 9 km della strada per Acquaresi-Buggerru. Una sterrata percorribile con fuori-strada conduce, dopo 1,8 km, allo stazzo Figus, dal quale una mulattiera porta in venti minuti di cammino alla Cala. Nessun segnale aiuta, ancora, il turista. L’interesse del sito si avvantaggia della sua naturalità, che non andrebbe turbata da opere. La strada di accesso infatti non si presta a miglioramenti durevoli, essendo in pratica l’alveo di un torrente.
Emergenza naturale e ambiente:
Nella Caletta denominata Porto di Canal Grande si apre una grotta naturale, scavata nei calcescisti arenacei intercalati nelle metarenarie del Cambriano e parzialmente sommersa dal mare. Il nome deriva dalla vallecola che sbocca a mare in questo punto, scavata in corrispondenza dell’affioramento più erodibile rispetto alla dolomia rigata cambriana che ne costituisce i versanti. Indicata in catasto col n° 17 Ca (Le cavità naturali, 1982), ha uno sviluppo di 151 m, un’altezza di circa 30 m, per metà sommersa, ed una larghezza di circa 5 m. In un punto in cui gli strati, quasi verticali, sono più sottili ed erodibili, la cavità attraversa l’affioramento da terra verso mare, seguendo perciò un’inclinazione costante. Oggi definibile come grotta, in quanto una delle uscite è in terra, la cavità potrà evolvere verso l’arco in roccia, una volta che l’erosione marina avrà demolito i massi che ne ostruiscono l’ingresso da terra e asportato il gradino di alluvioni grossolane che forma lo sbocco a mare del rio di Canal Grande. Oltre all’interesse della forma in sé, sostanzialmente classificabile come grotta di erosione marina differenziale, vanno ricordati anche altri motivi che accrescono l’interesse del sito, facendone un luogo eccezionale, perlomeno alla scala della Sardegna. La cala si apre in un tratto di costa dalle falesie alte ed inaccessibili. Numerosi anfratti e cavità dovuti all’erosione marina sono stati scavati alla base della falesia, nella quale si può agevolmente riconoscere la presenza di un terrazzo marino, il cui gradino intacca anzitutto le alluvioni del fondovalle, più elevate di circa 5 m sul livello attuale del mare, e poi gli scisti che si sporgono in mare subito a S e costituiscono la parte più interna della cala. Il Canal Grande è infatti una valle sospesa, dove l’erosione delle acque superficiali non ha tenuto il passo con il sollevamento della costa rispetto al mare. La grotta viene ricordata nelle guide turistiche, oltre che per la sua forma particolare, anche per lo spettacolo offerto dai marosi che, spinti dal vento di maestrale, si riversano nell’apertura. Qualche interesse rivestono anche alcune forme di dettaglio, come il cesellamento eolico degli scisti e la minuta incisione operata dal carsismo di superficie sulle bancate di dolomia affioranti. Infine, questa è probabilmente la sola grotta costiera che si apra negli scisti arenacei del Cambriano in Sardegna.
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