Le Colonne, Carloforte

Le Colonne

Sono avvicinabili fino a pochi metri con piccole imbarcazioni in condizioni di mare calmo, ma possono essere ammirate dalla stessa punta. Si tratta di una coppia di faraglioni di ignimbrite riolitica di colore grigio uniforme, di origine oligo-miocenica. La giacitura suborizzontale e la fessurazione colonnare della roccia ha favorito i processi selettivi dell’erosione marina che ha sbancato l’originaria falesia isolandone un lembo cui ha dato la forma dei due caratteristici pilastri. Questi si collocano oggi a 16 m slm, ad una quota più bassa di quella dell’originaria falesia (22-30 m).

Organismo di gestione: Comune di Carloforte
Provvedimento istitutivo: D. A.R.A. 704, 29.4.93
Superficie a terra: (ha) 10,40
Superficie a mare: (ha) 0

Interesse culturale:
Il nome è chiaramente legato alla forma di pilastro naturale dei monumenti. Sull’origine della forma rocciosa sono state tramandate alcune leggende: si tratterebbe di marinai pietrificati in punizione del male commesso, o di mostri che S. Pietro, protettore dell’isola, avrebbe trasformato in roccia per difendere gli abitanti. Un disegno di DELLA MARMORA riproduce le Colonne e il promontorio antistante. Esse sono un simbolo per l’Isola di San Pietro, e come tali sono rappresentate in un poster del 1986. In località Spalmatore di Fuori si segnalano i resti – mal individuabili - di una necropoli di epoca romana attestata da reperti di cultura materiale e da sepolture in dolio e alla cappuccina. Nuraghi sono presenti a Bricco del Polpo (vincolato), a Punta Laveria (vincolato), a Bricco Resciotto (vincolato). Un circo megalitico di età prenuragica si trova in località La Piramide, presso le Saline. A Punta del Morto si segnalano i resti di un tempio di età fenicio-punica.
Tutela e valorizzazione:
La località è molto frequentata per la balneazione. Le spiagge da Bobba e della Mezzaluna sono attrattive turistiche locali. Il monumento possiede una certa notorietà come esempio di faraglione, per cui è incluso in itinerari geologici che trovano nell’Isola di S. Pietro vari motivi di attrazione. La naturale suddivisione in bancate e la fessurazione con una facile suddividibiltà per piani strutturali suborizzontali paralleli alle bancate dell’ignimbrite ha causato la ricorrenza, in questo tratto di falesia, di affioramenti caratterizzati da minuta fogliettatura. Ciò ha conferito varietà al paesaggio geomorfologico ma ha anche favorito l’attività di cava, sospesa ormai da anni. DELLA MARMORA riferisce che si estraevano le pianelle dette di San Pietro, adatte a pavimentazioni rustiche ed esportate anche all’estero. Un disegno di DELLA MARMORA mostra le Colonne complete della parte sommitale, in una di esse oggi mancante. Si tratta probabilmente di un crollo antico e non se ne segnalano di recenti da parte degli uffici comunali. Tuttavia informatori locali hanno riferito che la parte sommitale del pilastro attualmente più basso sarebbe caduta 7-8 anni fa nel corso di una tempesta. Il crollo per erosione marina alla base è ovviamente un evento inevitabile, a seguito dell’ingrandimento del solco di battente e dello scalzamento della parte superiore provocati dall’abrasione marina. È anche possibile che si verifichi la caduta di massi dall’alto a motivo dell’erosione eolica, accelerata dalla posizione esposta del promontorio. La velocità del processo erosivo non sembra tuttavia elevata. L’isobata di -5 m corre a circa 25 m dalle Colonne, dove i fondali sono cosparsi di materiale di scogliera e pertanto il monumento è avvicinabile fino a pochi metri solo con piccole imbarcazioni in condizioni di mare calmo. I fondali sono sabbiosi a partire da una quindicina di metri. Il sito è meta di escursioni organizzate per mare, con battelli che compiono il periplo dell’isola partendo da Carloforte. Via terra la località è raggiungibile in auto partendo dal centro di Carloforte (strada provinciale di Punta Nera). Un sentiero pedonale mal tracciato di circa 70 m congiunge la strada asfaltata alla Punta, dalla quale si ammirano le Colonne. D’estate nella spiaggia da Bobba c’è un parcheggio sorvegliato e sono aperti un ristorante e un bar. Le seconde case sono già troppo numerose e d’estate la frequentazione della costa è molto elevata. L’uso balneare e il diportismo non rappresentano un rischio, salvo che per l’abbandono di rifiuti e le scritte. Nell’area di rispetto, di 10,4 ha, non potranno però essere costruite attrezzature per il ricovero dei natanti, né si potranno effettuare ancoraggio, ormeggio e attracco dei natanti da diporto. Da escludere assolutamente l’ascensionismo, per non provocare pericoli di crolli che potrebbero coinvolgere i rocciatori e comunque aumenterebbero il rischio di compromissione per il monumento. L’oasi Lipu per la protezione del Falco della Regina, nella parte occidentale, potrebbe essere estesa a tutta la falesia meridionale, per ampliare l’area di salvaguardia della fauna ornitica. Si trovano sull’isola praticamente tutti gli esemplari del Falco di Eleonora presenti in Sardegna (forse 300 coppie). È anche prevista l’istituzione di parco o di riserva marina, individuata dalla LN 1.12.91 n. 394.
Emergenza naturale e ambiente:
Le Colonne di Carloforte sono una coppia di faraglioni di ignimbrite riolitica con giacitura suborizzontale e fessurazione colonnare. Esse occupano una superficie di circa 0,5 ha sulla punta meridionale dell’Isola di S. Pietro ed hanno un’altezza di 16 m slm, alquanto inferiore alla quota della falesia della Punta, della quale sono un lembo distaccato. Si tratta di due forme a pilastro di colore grigio uniforme, generate dall’erosione marina selettiva che ha scomposto le bancate laviche originarie agendo con maggiore intensità nelle zone di loro minor resistenza secondo le superfici dei giunti da raffreddamento e delle fratture tettoniche che le delimitano, dirette principalmente N-S. Al piede delle falesie uniformi a picco sul mare il solco di battente si addentra maggiormente nella roccia fratturata fino a isolare blocchi delle bancate di tetto, che si distaccano e precipitano perché le rocce sono scosse violentemente dall’urto diretto delle ondate e dalle compressioni e decompressioni esercitate dai marosi sulle masse d’aria intrappolate nelle cavità . Si formano così grotte costiere di erosione marina, che si ingrandiscono sempre più finché, crollato col tempo il tetto, rimangono di esse archi e pilastri residuali isolati. Il materiale crollato viene elaborato ed asportato dal movimento delle onde. La profondità delle grotte è legata da variazioni di livello marino. Considerata la profondità di alcuni metri dei fondali intorno alle Colonne e nelle vicine grotte costiere, si deduce che il livello medio del mare è di recente salito rispetto alla costa, che ha quindi subito una fase di sommersione. Lungo la costa occidentale dell’isola - compresa Punta delle Colonne - vi sono molti segni di un arretramento in atto per demolizione della falesia, che da uniforme diviene così sempre più frastagliata. L’Isola di San Pietro è interamente costituita da formazioni vulcaniche, con limitati affioramenti di sedimenti quaternari. Le vulcaniti appartengono al ciclo “calco-alcalino” Auct. oligo- miocenico, conseguente alle condizioni tettoniche e geodinamiche che determinarono la rotazione antioraria della Sardegna e l’apertura del Rift sardo. La serie vulcanica è stata suddivisa da GARBARINO et al. (1990) in vulcanismo calco-alcalino antico, vulcanismo comenditico e vulcanismo calco-alcalino recente. Il primo è rappresentato da colate laviche e depositi ignimbritici riolitici e quarzolatitici affioranti a Brunco della Guardia, colate laviche riolitiche in sottili orizzonti intercalati a depositi piroclastici di Monte di Capo Rosso, ignimbriti riolitiche e quarzolatitiche a giacitura tabulare di Punta dei Cannoni, ignimbriti riolitiche in giacitura da suborizzontale a debolmente inclinata e struttura eutassitica di C.le di Monte Rosso, ricoperte da ignimbriti riolitiche rossastre. Il vulcanismo comenditico è rappresentato da colate di comenditi (varietà di lave riolitiche ricche in alcali, fluoro, cloro e boro, alquanto rara nel mondo, così denominata perché affiorante in località Comende, nell’isola di San Pietro) e da potenti bancate di ignimbriti (tufi rinsaldati) comenditiche, con tessiture fluidali, affioranti nelle falesie di Punta Senoglio, Punta della Borrona e a Punta del Capodoglio, comenditi in potenti colate con marcate linee di flusso di Montagna di Ravenna, Brunco Pratella, Brunco Nasca, Montagna di Borrona e Capo Sàndalo, ignimbriti comenditiche con tessitura da massiva a pseudostratificata di Patella, serie piroclastica di Cala Vinagra, piroclastiti rimaneggiate di Genarbi, ignimbriti e colate comenditiche a giacitura tabulare di Punta Senoglio, Ventrischio e Capo Rosso e comenditi localmente autobrecciate di Monte Tortoriso ed in filoni di Monte Sepoltura. Appartengono al vulcanismo calco-alcalino recente le ignimbriti quarzo-trachitiche affioranti tra Bacciu e Macchione, la sequenza delle ignimbriti riolitiche di Punta delle Oche, e la formazione di ignimbriti riolitiche a giacitura tabulare affioranti a Giacchino e Cave di Pietra, cui sono ascritte anche le ignimbriti delle Colonne nonché quelle di Punta del Castello. Queste ignimbriti presentano colorazione varia da biancastra a grigia a violacea, struttura vitroclastica e tessitura eutassitica. Al microscopio si riconosce un’ash texture con frammenti di vetro a cuspide e fiamme più o meno schiacciate ed isoorientate e ricristallizzazione tardiva sia sulle fiamme che nella pasta di fondo. La struttura varia da afirica a porfidica. La Punta delle Colonne costituisce l’estremità meridionale dell’Isola di San Pietro. L’altitudine dell’area del promontorio, dalla morfologia tabulare, corrispondente alla giacitura delle bancate ignimbritiche, è sui 22-30 m slm. Nei pressi la costa, consistente in una bassa scogliera sui 20 m slm, offre un panorama notevole sulla vicina Isola di S. Antioco e aspetti geologici di grande interesse per la presenza di falesie e di grotte costiere (grotta della Mezzaluna), esplorabili a nuoto con mare calmo. Piccole cale sabbiose o rocciose si alternano ai promontori e a tratti di falesia, con l’effetto di un paesaggio costiero molto variato. Depositi eolici si ritrovano in alcuni punti, come presso la Spiaggia da Bobba. La suddivisione della roccia in bancate evidenti rompe l’uniformità della parete e la rende approdabile al nuotatore anche là dove questa si immerge in fondali profondi. La limpidezza delle acque, la varietà e la specificità della flora e della fauna ed il pregio delle forme geomorfologiche sono gli elementi che hanno indotto ad includere il mare antistante nell’elenco dei parchi marini italiani. Una stretta fascia costiera è occupata da vegetazione rupicola (Crithmo - limonieto). Subito all’interno la vegetazione sparsa è rappresentata da alcuni esemplari di ginepro ed essenze introdotte con rimboschimento. Il paesaggio agrario è stato, fino ad anni recenti, caratterizzato dalla piccola proprietà viticola, con case rurali tradizionali, poi trasformate in seconde case. Le aree coltivate che occupavano in genere piccole depressioni riempite da tufi e alluvioni sono oggi utilizzate per foraggi e cereali. Con l’espianto del vigneto, gli spazi agricoli vengono sempre più destinati all’allevamento. L’Isola di San Pietro costituisce un’area d’importanza internazionale per la nidificazione degli uccelli marini del Mediterraneo. Vi è stato localizzato uno dei 57 biotopi di rilevante interesse indicati dalla Società Botanica Italiana. Le Colonne sono prossime ad altre emergenze naturalistiche, di cui l’isola è ricca. Nei pressi si segnalano soprattutto morfologie a falesia e grotte costiere. Una particolarità geomorfologica degna di nota è costituita dai residui della bocca di una sorgente tipo geyser, oggi inattiva. Di un qualche interesse è anche la piccola pianura de I Pescetti, risultato della bonifica di uno stagno che rappresenta un’antica laguna costiera i cui depositi a facies salmastra si sono formati durante un’ingressione marina tirreniana. Nei pressi si vedono i resti di una miniera di manganese, disattivata prima della seconda guerra mondiale. Forme di erosione differenziale sono evidenti in più punti. Il Fungo, presso la Grotta delle Oche, è il più ammirato.
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